Il cielo e il paradiso

Perché Gesù nei Vangeli parla di “cielo” o “cieli” per indicare il paradiso?   Silvia R.

Fin dai tempi più remoti l’uomo ha considerato il cielo come qualcosa che, stando al di sopra, domina su di lui, e perciò è ambito del divino.
Nell’Antico Testamento si ritrova questa concezione ancestrale, con la distinzione tuttavia che il cielo, insieme a tutto ciò che esiste, è stato creato da Dio (cfr. Gen 1,1), ed egli vi ha stabilito la sua dimora (cfr. Sal 33,14; 102,20; Gen 24,3).
Il Nuovo Testamento riprende queste concezioni, in più inizia a sostituire con “cielo” il nome divino (cfr. Mt 4,17 e Mc 1,15; Mt 3,17; 13,11; Lc 15,18).
Gesù dichiara di essere «disceso dal cielo» (Gv 3,13), e che vi farà ritorno (Gv 6,62).
Il termine “paradiso” nel NT si trova in 2Cor 12,4 e in Ap 2,7, ma è soprattutto la promessa di Gesù crocifisso al ladrone pentito (Lc 23,43) a far identificare la vita dei beati con lo stare con Gesù, nel “paradiso” o in “cielo”, ma una condizione di vita piena e felice in comunione con Dio.

[Famiglia Cristiana del 08/07/2012]

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