Nel Vangelo c’è scritto di perdonare «settanta volte sette». Davvero vuol dire sempre? Ma a volte non è disumano? Alessandro B.
Sì, Alessandro ha colto bene l’insegnamento evangelico sul perdono, da intendersi come una chiara manifestazione della volontà divina su questo argomento.
Il verbo greco aphiemi, “lasciare / rimettere / perdonare”, che troviamo nel Padre nostro (Mt 6,12; cf. 18,21-22), ha anche la sfumatura di “liberare”: in questo senso la liberazione riguarda la persona che viene perdonata ma anche colui che perdona.
Il perdono cristiano, specialmente quando riguarda casi di violenza estrema, spesso richiede un processo anche lungo e faticoso di guarigione – ma senz’altro liberante – basato sulla grazia rigenerante di Dio: la misura che l’uomo deve avere nel perdonare, e soprattutto la capacità di farlo, gli deriva da Dio (il quale ama e perdona senza misura).
A ben vedere questo processo seppure sommariamente esigente, non è disumano, ma risulta umanizzante, dal momento che comporta un divenire uomini e donne rinnovati a immagine di Gesù Cristo, uomo nuovo, il quale non solo ha perdonato, ma anche scusato (cfr. Lc 23,34).
[Famiglia Cristiana del 22/04/2012]