Come valutare la risposta di Gesù sul cieco nato in Gv 9: «Né lui ha peccato né i suoi genitori»? Roberto B.
Dietro questa risposta di Gesù c’è la domanda dei discepoli: «Chi ha peccato, perché nascesse cieco?» (Gv 9,2), che rivela la mentalità diffusa al tempo di Gesù (a volte fa capolino anche oggi) che la malattia fosse una conseguenza diretta del male commesso, una sorta di punizione o castigo da parte di Dio (mentre la salute e la prosperità erano viste come un segno della benedizione di Dio; si veda ad esempio il libro di Giobbe).
Inoltre, alcuni passi biblici potevano far pensare che le colpe dei padri ricadessero sui figli (cf. Es 20,5; si veda però Dt 24,16).
Gesù con la sua prassi e con il suo insegnamento, come in questo caso, corregge tale visione delle cose (cf. anche Lc 13,1-5): non c’è connessione diretta tra peccato e malattia, anzi il dolore, la sofferenza possono essere l’occasione, lo spazio in cui si manifesta la potenza salvifica di Dio.
Naturalmente ciò vale per chiunque abbia un handicap e in definitiva per chiunque abbia una sofferenza da portare.
[Famiglia Cristiana del 20/02/2011]