Ho sentito parlare della modifica delle parole della consacrazione: da «sangue versato per tutti» si dovrebbe correggere in «per molti», più fedele alla versione latina («pro multis»); si specifica però che il significato originale è «per tutti». Perché cambiare?
Per stabilire la traduzione migliore di una parola antica in una lingua moderna ci si deve sempre chiedere, al di là del senso strettamente letterale, quale sia il significato che intendeva dargli l’autore.
Il problema, nel nostro caso, è ancora più complesso perché il passo evangelico riporta in greco le parole che Gesù nell’ultima cena ha espresso in ebraico o aramaico.
L’espressione greca è hypèr pollon, che in latino – lingua ufficiale della liturgia romana – è stata tradotta letteralmente con pro multis (”per molti”).
Ci sono due principali argomenti a favore dell’interpretazione inclusiva (“per tutti”), che la traduzione in una lingua moderna dovrebbe lasciar trasparire: il primo, di tipo filologico, si fonda sull’espressione ebraica rabbim,che significa “molti” ma nel senso generico di “moltitudine” (senza la limitazione implicata dall’uso italiano: molti = non tutti); l’altro è più teologico e si basa sull’universalità dei destinatari della redenzione operata da Gesù (cfr. 2Cor 5,14: «è morto per tutti»; 1Tm 2,4: «Dio vuole che tutti gli uomini siano salvati»), i quali restano liberi di accettarla.
[Famiglia Cristiana del 22/09/2013]