Quando san Paolo parla della liberazione dalla legge (cfr. Rm 7,6; Gal 3,10-14; 5,14) si riferisce soprattutto alla legge che fu rivelata da Dio a Mosè sul Sinai, cioè al decalogo? Vincenzo F.
Nel Nuovo Testamento la parola “legge” (in greco nòmos) può indicare la Sacra Scrittura del giudaismo (Antico Testamento per i cristiani), o il Pentateuco in particolare (in ebraico torah, la “legge di Mosè”, condensata poi nei comandamenti), oppure l’insieme delle prescrizioni che l’ebreo è tenuto a osservare (in primis la circoncisione, l’osservanza del sabato e le norme alimentari). Per Paolo la liberazione dalla Legge (cfr. Rm 7,6), per cui il cristiano non è più sottoposto a essa, riguarda solo quest’ultimo significato (che era poi quello discriminatorio, cfr. Ef 2,14-15), mentre essa rimane pienamente valida e autorevole come Sacra Scrittura. Le sue prese di posizione in contrasto con la Legge sono dettate dalla sua nuova concezione della salvezza: a partire dall’evento di Damasco (cfr. At 9; Fil 3) egli comprende che ormai essa è basata – per tutti, ebrei e gentili – unicamente sull’adesione a Cristo mediante la fede in lui, e non sull’osservanza della Legge con le sue opere.
[Famiglia Cristiana del 15/12/2013]