Nell’episodio della trasfigurazione, i tre apostoli sono oppressi dal sonno. Nel Getsemani succede di nuovo. C’è forse un significato nascosto?
Fra i tre Vangeli sinottici che riportano la trasfigurazione di Gesù, Luca più di tutti vuole comunicare al lettore la maestosità dell’evento; tra i particolari in più, c’è appunto quello del sonno, un elemento che di solito nella tradizione biblica accompagna la situazione in cui l’uomo entra in contatto con il divino (cfr. Gen 2,21; 15,12; Dan 8,18; 10,9; Mt 1,20.24). Nel nostro caso Pietro ne è come stordito e al contempo così affascinato che vorrebbe permanere in questa esperienza di gloria: «È bello per noi stare qui». Luca vuole anche sottolineare il collegamento della trasfigurazione di Gesù con la sua passione (cfr. v. 31: «Parlavano del suo esodo che stava per compiere a Gerusalemme»), inserendo un segnale che poi ritornerà al momento della preghiera agonica di Gesù nel Getsemani, quando gli stessi apostoli, sempre di notte, saranno di nuovo presi dal sonno (Lc 22,45; cfr. Mc 14,37; Mt 26,40), posti di fronte alla sfida di rimanere con Gesù, ora non più trasfigurato dalla gloria divina ma sfigurato dall’angoscia mortale che lo affligge.