L’aceto dato al Cristo crocifisso: gesto caritatevole oppure uno sfregio?

Nei Vangeli si afferma che al Cristo crocifisso venne dato da bere aceto (Mc 15,36 e paralleli): questo episodio è da intendersi come un ultimo atto di sfregio o come un timido e tardivo atto caritatevole? – CESARE A.

Il termine greco che si trova in quel passo (óxos) indica un vino acidulo – o aceto – usato dal popolo semplice per dissetarsi (cfr. Nm 6,3; Rut 2,14). Secondo il Quarto Vangelo, Gesù morente, preso dalla sete, chiede da bere (cfr. Gv 19,28s); qualcuno (secondo Lc 23,36 è un soldato) inzuppa una spugna con quella bevanda e gliela porge con una canna. Il gesto potrebbe essere anche interpretato in modo positivo, cioè dare un po’ di sollievo al crocifisso; tuttavia, il contesto precedente, in cui gli atteggiamenti degli astanti (cfr. passanti, sommi sacerdoti, scribi, ladrone) sono prevalentemente ostili, spinge a pensare che anche questo gesto sia espressioni di scherno e di ulteriore oltraggio. Quando dopo la Pasqua la comunità cristiana annoterà nei Vangeli quell’episodio, avrà in mente la frase del Sal 69 (la preghiera del giusto perseguitato): «Quando avevo sete mi hanno dato aceto».

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