«Sono venuto a portare la spada e non la pace» (Mt 10,34; cfr. Lc 12,51). Come conciliare questa frase di Gesù con altre, in cui egli proclama beati gli operatori di pace (cfr. Mt 5,9)? Cesare
Questo è uno dei casi in cui se si estrapola una frase dal suo contesto si rischia non solo di fraintendere, ma addirittura di far dire l’opposto. Ci troviamo infatti nel discorso che Gesù fa ai suoi discepoli inviandoli in missione (Mt 10,5-42), in cui si tratta della testimonianza da offrire al mondo anche affrontando l’ostilità, come quella che ha incontrato lui stesso. Il senso dell’immagine della “spada” lo si capisce dalla citazione di Michea 7,6 che segue subito dopo (Mt 10,35) per indicare le conflittualità e contrapposizioni che possono verificarsi anche in ambito familiare di fronte all’annuncio del Vangelo. Il discepolo deve mettere in conto che seguire Gesù non è un compito tranquillo e “pacifico”: di fronte a Gesù, bisogna decidersi (cfr. Mt 12,30), e inevitabilmente lo schierarsi può produrre una divisione; qui l’immagine della spada è usata proprio per esprimere l’azione di “tagliare”, separare; non quindi per incitare alla violenza (che Gesù non ammette nemmeno per difendersi, cfr. la spada in Mt 26,51-52). In realtà la pace è il dono messianico per eccellenza, ed è proprio il Signore risorto a portarla (cfr. Lc 24,36; Gv 20,19).