Sulla base della parabola del seminatore, basta il buon senso per capire se seminiamo sul terreno buono e non su e non su quello indurito, sassoso o spinoso? – MARCO G.
Con la parabola del seminatore (o forse meglio, della seminagione) Gesù vuole indicare l’importanza decisiva dell’ascolto della sua parola (Mc 4,3.9), che lui sparge in abbondanza, senza calcoli di convenienza o timore che vada sprecata; certo, la riuscita della semina dipende dall’accoglienza o dal rifiuto della predicazione, ma questo non giustifica il concentrare la semenza solo dove sembra che ci sia più ricettività: nella missione bisogna mettere sul conto una certa perdita, un certo insuccesso, senza scoraggiarsi. In un primo momento sembra infatti emergere una preponderanza di fallimenti, rappresentati dai primi tre tipi di terreno, rispetto a una minoranza di successo, rappresentata dall’ultimo terreno: tuttavia, questo porta frutto in sovrabbondanza (30, 60, 100 volte). Implicitamente la parabola lascia intendere anche che quando si accoglie la Parola è essa che produce l’effetto (cfr. Is 55,10), come per dire che se la si ascolta veramente l’essenziale è già fatto!