La parabola degli invitati che scelgono i posti migliori

La parabola degli invitati alle nozze (Lc 14,7–14) con l’invito a non scegliersi i posti migliori sembra un’indicazione su come comportarsi educatamente; è così, oppure c’è anche qualcos’altro? MARCO G.

È vero che a una prima lettura quel testo sembrerebbe proporre semplicemente delle regole del bon ton in società: quando si è invitati a un banchetto non sta bene piazzarsi nel posto d’onore (così gli scribi in Lc 20,46), anche perché si rischia di fare brutta figura nel dover poi cedere quella posizione a qualcuno più importante. Già questo sarebbe un buon insegnamento, ma rientrerebbe tutto sommato nella virtù umana della modestia. Subito dopo invece Gesù aggiunge qualcosa che va oltre il semplice galateo: infatti chiede di mettersi all’ultimo posto – certamente non per coltivare una falsa modestia (che sarebbe in fondo peggiore della palese presunzione) – per fare la sua stessa scelta di mettersi accanto a chi è ai margini, dalla parte di chi non conta, e poi chiede ai suoi di fare altrettanto: «Quando offri un banchetto, invita poveri, storpi, zoppi, ciechi; sarai beato perché non hanno da ricambiarti».

Print Friendly, PDF & Email