Il Papa ha commentato l’immagine biblica del serpente innalzato nel deserto applicandola a Gesù
innalzato sulla croce; ho capito male? ANGELO
Il collegamento tra quei due “innalzamenti” si trova nel dialogo di Gesù con Nicodemo (Giovanni 3,14), il fariseo che va da lui di notte per conoscerlo più da vicino. Quell’immagine si riferisce all’episodio durante il cammino dell’Esodo in cui gli israeliti – resisi colpevoli per aver parlato contro Dio e contro Mosè – venivano morsi dai serpenti e morivano; dopo l’intercessione di Mosè a favore del popolo, Dio gli aveva ordinato di innalzare un serpente di bronzo su un’asta: chi lo guardava restava in vita (cfr. Numeri 21,4-9; Sapienza 16,5-7). Così il Figlio dell’uomo innalzato (significa crocifisso, ma insieme anche esaltato nella gloria della resurrezione; cfr. Gv 8,28; 12,32: «E io, quando sarò innalzato da terra, attirerò tutti a me») è il mediatore divino di salvezza a cui tutti gli afflitti dal male e dal peccato possono ricorrere: «affinché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,15).