Le Lettere di Paolo: Le raccolte sono iniziate fin dal primo secolo

Gli scritti di Paolo, ricopiati, giravano nelle prime comunità cristiane; perciò la formazione dell'epistolario si suppone che fosse già completa alla fine del I secolo d.C. L'ordine di precedenza delle lettere nel Canone è stato determinato dalla loro lunghezza. Come si è arrivati alla raccolta attuale nel canone del Nuovo Testamento di ben 13 lettere che rivendicano esplicitamente la paternità dell’Apostolo? (Un caso a parte è la Lettera agli Ebrei, in passato attribuita a Paolo: in realtà non si nominano né mittente né destinatari; inoltre più che una lettera si presenta come un’omelia).

È una domanda che resta ancora oggi senza una risposta completa, e in cui bisognerebbe comunque distinguere i due aspetti, quello della raccolta e quello della canonizzazione: d’altronde, anche se la raccolta iniziale delle lettere indica già un processo che culminerà con la loro canonizzazione, all’inizio essa non ha certamente questa finalità come intento primario.

 Paolo citato da “Pietro”

Se infatti – come è comunemente accettato – si stabilisce la fissazione del canone soltanto alla fine del secolo IV (concilio di Cartagine nel 397, can. 47: «Pauli Apostoli epistolae tredecim, eiusdem ad Hebraeos una»), la raccolta delle lettere avviene molto prima. Se ne trova una traccia iniziale già nel Nuovo Testamento stesso, quando al suo interno si attesta che esse venivano scambiate tra le varie comunità (cf Col 4,16; Gal 1,1; per Ef  1,1 nei codici più antichi manca la dicitura «in Efeso», segno che probabilmente lo scritto veniva inviato anche ad altre comunità). E quindi quasi certamente venivano man mano ricopiate e conservate insieme, laddove risiedevano le varie comunità (Corinto, Efeso, Roma, ecc.): evidentemente ben presto ci si era resi conto che la validità e l’importanza di questi scritti superava la loro occasionalità.

La più importante testimonianza interna al Nuovo Testamento la troviamo nella Seconda lettera di Pietro (databile tra il 100 e il 140 d.C.); l’autore menziona le lettere di Paolo dando quindi per scontato che la comunità a cui si rivolge già le conosca e ne possegga un certo numero (bisogna supporne almeno più di due); nel mettere in guardia da una loro falsa interpretazione (qui si tratta in particolare del tema della parusia), implicitamente riconosce a questi scritti un grande valore, anche perché in qualche modo li paragona nientemeno che alle Scritture ebraiche: «La magnanimità del Signore nostro giudicatela come salvezza, come anche il nostro carissimo fratello Paolo vi ha scritto, secondo la sapienza che gli è stata data; così egli fa in tutte le lettere, in cui tratta di queste cose. In esse ci sono alcune cose difficili da comprendere e gli ignoranti e gli instabili le travisano, al pari delle altre Scritture, per loro propria rovina» (2Pt 3,15-16).

L’autore della 2Pt – ponendo questo scritto sotto l’autorità petrina – con questa menzione di Paolo intende accomunare i due grandi apostoli nella stessa autorevolezza nei confronti di tutte le Chiese, rivendicando l’ortodossia paolina che evidentemente era stata messa in questione da tendenze ereticali di stampo giudeo-cristiano (tendenze cristallizzatesi poi nel II secolo nellepseudoclementine, che esaltavano Giacomo a discapito di Paolo; all’estremo opposto invece Marcione, che esaltava quest’ultimo fino a rigettare l’eredità giudaica con tutto l’Antico Testamento).

Il corpus paolino

Le prime testimonianze di una raccolta almeno incipiente, esterne al Nuovo Testamento, possono comunque essere fatte risalire alla fine del I – inizio II secolo. Clemente Romano nella sua lettera del 96 d.C. – nonostante presenti un’impronta più giudeo-cristiana che paolina – dimostra di conoscere 1Cor, Rm, probabilmente Ef ed Eb ; Ignazio d’Antiochia nel 110 testimonia l’esistenza almeno di Rm1CorEf).

Già questo induce a pensare che molte delle lettere paoline dovevano essere ben conosciute sia in Oriente che in Occidente già a cavallo del I secolo; che esse formassero già delle raccolte all’inizio del II secolo è testimoniato indirettamente da Marcione, che nel suo Apostolikon del 140 d.C. elenca ben dieci lettere dell’Apostolo (Gal, 1-2CorRm 1-2Ts, Laodicesi [sicuramente si tratta di Ef], ColFilFm), cioè tutte tranne le pastorali (1-2TmTt). Una raccolta sempre di dieci lettere è attestata dal papiro Chester Beatty datato intorno al 200; rispetto alla lista di Marcione, include Eb, mentre non riporta 2Ts (che però poteva essere in alcuni fogli dello stesso papiro che risultano mancanti).

Il primo documento a riportare l’epistolario paolino completo è il Canone di Muratori (dallo storico Ludovico Antonio Muratori che lo scoprì nel 1740), che risale con buona probabilità alla fine del II secolo (la recente ipotesi di una sua collocazione nel IV secolo è stata sufficientemente confutata); oltre a riportare le lettere paoline secondo lo stile settenario (rivolte a sette Chiese, probabilmente sullo schema di Ap 2-3), l’importanza straordinaria di questo documento sta nel fatto che non riporta soltanto la lista, ma fornisce anche alcuni criteri sottostanti alla formazione del canone del Nuovo Testamento.

Ulteriori precisazioni su tali criteri, insieme a una classificazione dei vari scritti canonici, la troviamo in Eusebio di Cesarea, nella sua Storia ecclesiastica (340 d.C.).

Un’ultima nota riguardante il canone attuale della Bibbia: l’ordine e la sequenza delle lettere paoline variano nella maggior parte delle liste antiche; la successione delle lettere paoline così come le troviamo ora nel Nuovo Testamento non segue l’ordine cronologico, ma quello basato sulla loro lunghezza, va perciò dalla più estesa (Rm) alla più corta (Fm); se si fosse seguita la classificazione temporale, avremmo avuto questa sequenza: 1Ts(scritta nel 50), 1Cor2CorFilFmGalRm (scritta probabilmente nel 58).

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