Come si sono trasmesse le Sacre Scritture? C’è una continuità dai primi cristiani a noi? E a quali testi originali si fa riferimento nelle traduzioni moderne?
Biagio C. – Cuneo
Il filosofo e martire Giustino (II secolo) racconta della celebrazione settimanale dell’Eucaristia, nella quale trovava posto anche la liturgia della Parola: «Nel giorno, detto del Sole (la domenica, giorno del Signore) si fa l’adunanza. Tutti coloro che abitano in città o in campagna, convengono nello stesso luogo e si leggono le memorie degli Apostoli o gli scritti dei Profeti per quanto il tempo lo permette» (Apologia LXVI, 3). Già gli stessi Atti degli apostoli attestavano che i discepoli «erano perseveranti nell’insegnamento degli apostoli» (At 2,42).
Di fatto, con la prima diffusione del cristianesimo si avvertì la necessità di comporre degli scritti che conservassero e tramandassero i detti di Gesù e le memorie degli apostoli, così come era necessario avere i testi sacri dell’Antico Testamento che prefiguravano la venuta del Signore: iniziò così un’intensa attività di copiatura a mano dei testi biblici.
Alcune testimonianze preziose della diffusione e trasmissione di scritti apostolici, poi confluiti in quello che sarà identificato con “canone1 delle Scritture”, l’abbiamo già nel Nuovo Testamento stesso, quando al suo interno si attesta che le lettere di Paolo venivano scambiate tra le varie Chiese (vediCol 4,16; Gal 1,1) e quindi quasi certamente man mano ricopiate e conservate insieme, laddove risiedevano le varie comunità. La più importante testimonianza interna al NT la troviamo nella Seconda Lettera di Pietro (100-140 d.C.); l’autore menziona le Lettere di Paolo dando per scontato che la comunità a cui si rivolge già le conosca e ne possegga un certo numero; implicitamente riconosce a questi scritti un grande valore, anche perché li paragona alle Scritture ebraiche (2Pt 3,15-16). Le prime testimonianze esterne al NT di una raccolta incipiente, sono del I-II secolo, negli scritti di alcuni Padri apostolici, come Clemente Romano e Ignazio di Antiochia.
Esistono poi alcuni frammenti di papiri che risalgono al II secolo d.C. (i più importanti sono quelli della collezione Chester Beatty di Dublino), che testimoniano la diffusione dei Vangeli o delle Lettere o di altri Libri già in quegli anni.
Oltre ai papiri, esistono numerosi manoscritti maiuscoli (chiamati così perché scritti in greco maiuscolo), ma meno di un centinaio tra essi contengono più di due fogli. Sono pochissimi quelli fino al V secolo che contengono ampie parti della Bibbia (alcuni quasi completi), i più importanti sono: il Sinaitico, l’Alessandrino, il Vaticano e il Beza. Accanto ai maiuscoli ci sono i manoscritti minuscoli (scritti in greco minuscolo) suddivisi in quattro categorie a seconda dell’epoca a cui risalgono e delle caratteristiche di scrittura.
Tutti questi testi presentano divergenze dovute a errori di copiatura o a tentativi di armonizzare il testo dove presentava difficoltà; di questo problema si occupa la scienza della critica testuale, che confrontando le varie versioni indica il testo ritenuto più fedele all’ipotetico originale, e contribuisce alle edizioni critiche dell’AT e del NT, punto di riferimento per realizzare nuove traduzioni nelle lingue moderne.
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DIZIONARIO MINIMO
1 CANONE
Il greco kanon significa canna per misurare, ovvero norma, regola. A partire dal 1546 (concilio di Trento) indica i libri biblici dell’Antico e Nuovo Testamento accettati dalla tradizione della Chiesa come facenti parte della Rivelazione divina, rispetto ad altri testi considerati non ispirati o apocrifi.
LA COSTITUZIONE DOGMATICA
Dei Verbum del Concilio Vaticano II, al numero 21, afferma che «La Chiesa ha sempre venerato le Sacre Scritture come ha fatto con il corpo stesso di Cristo, non mancando mai, soprattutto nella sacra liturgia, di nutrirsi del pane della vita dalla mensa sia della parola di Dio che del corpo di Cristo, e di porgerlo ai fedeli».